Il
Disordine due volte sconfitto non si rassegnò alla potenza
ipercosmica di Kallistèa, e alzò il livello della sfida: fu preso
di mira un nuovo pianeta, coperto da grandi oceani intervallati da
ampie isole, sulle quali abitavano esseri pacifici e devoti al culto
dell'Armonia. Non ebbe quindi dubbi, il Disordine, su dove colpire:
dalle profondità astrali dove esso signoreggiava, atomi di carbonio
e scintille fotoniche furono impastati per creare lampi accecanti
dotati di una corporeità intangibile eppure devastante. Ecco dunque
che sulla superficie del pacifico pianeta degli Adoratori
dell'Armonia piovvero terremoti di luce che bruciavano gli oceani e
soprattutto devastavano senza appello le città e i villaggi degli
abitanti delle isole. Incendi improvvisi sorgevano ovunque, le linee
della cenere che essi lasciavano si allargavano a raggiera sul suolo
per chilometri, continuando sotto la superficie marina come colpi
d'artiglio. Case crollate e strade divelte dalla loro sede erano lo
spettacolo offerto agli abitanti, perlomeno a quei pochi che erano
riusciti a sopravvivere e che dovevano provvedere al mesto recupero
dei tizzoni sbriciolati che una volta erano i loro familiari,
compagni e amici, i quali avevano avuto la sventura di trovarsi lungo
la traiettoria delle raggiere elettriche.
Mentre
la tempesta continuava senza sosta, e persino il cielo appariva
graffiato e sanguinante per la potenza dei colpi, comparve
nell'atmosfera il terzo potere di Kallistèa, una scheggia nera
screziata da linee irregolari e angolose di colore azzurro/blu, in
perenne movimento sull'oscura pellicola. Al suo passaggio i lampi
deviarono la loro traiettoria, disperdendosi orizzontalmente
nell'atmosfera. Accortosi della nuova, nemica presenza, il Disordine
fece aumentare la frequenza della pioggia distruttrice, che bombardò
con violenza il pianeta, forando gli oceani e facendo loro
ingurgitare le isole disintegrate dagli incendi: la scheggia nera
prese allora a brillare e le sue venature blu si espansero ovunque
nell'aria, chiamando a raccolta le molecole vaporose non ancora
estinte dal calore immondo dei lampi del Disordine. Di fronte a
quest'alterazione sospetta, il Disordine cessò gli attacchi sparsi e
concentrò la propria furia contro Kallistèa. Tutti i lampi
distruttivi vennero convogliati in direzione della scheggia, la quale
però non era già più tale: sulle striature blu si era concentrato
un oceano di cielo rappreso e nuvole rigide i quali, agitati
dall'energia kallistaica, brillavano possenti di un blu scuro che
scorreva lungo tutta la superficie dello scudo e raffreddava
all'istante la massa dei lampi, riducendoli a filamenti di farina
giallastra; non solo: lo scudo roteava su se stesso, avvolgendo nelle
sue spirali tutta la negatività del Disordine, soffocandola. E non
accadeva ciò solo nel punto in cui si trovava la scheggia: le sue
ramificazioni blu coprivano ormai tutto il pianeta, e ad intervalli
regolari avevano raccolto su di sé cielo e nuvole a sufficienza per
creare altrettanti scudi vorticosi su cui si infrangevano vani i
lampi del Disordine, ritornando in parte nel vuoto da cui venivano,
parte piovendo sulla superficie del pianeta come luce purificata da
Kallistèa e quindi in grado di vivificare le zone distrutte dagli
incendi, oltreché di suturare per sempre i fori scavati negli oceani
dalla tempesta di lampi. Il Disordine non poteva prevalere e rinunciò
all'attacco: il pianeta restò quindi libero di rinascere e i suoi
abitatori eressero ovunque templi al Vortice dei Cieli Nebulari,
grandioso e vastissimo potere di Kallistèa.
Mentre
cubi di galassia argentea venivano fagocitati da oceani di idrogeno
infuocato, nutrendo in tal modo il Disordine, una nuova strategia
venne messa a punto, stavolta non più basata sulla devastazione
della luce, ma su quella del suono. Fu così che le profondità di un
nuovo pianeta vennero ad un tratto scosse da una vibrazione a
bassissima frequenza, così solida e ruggente da divellere alla
radice le basi delle montagne: una volta che queste rovinarono sulle
pianure, dalle loro cime spaccate fuoriuscì una miscellanea di suoni
contorti come scheletri d'acciaio, vere e proprie onde d'urto di puro
caos che sommovevano l'aspetto di tutto ciò che incontravano: globi
di corallo sotterranea furono ritrovati dentro le foreste, i fiumi
presero a scorrere in direzione del cielo, colonie di meduse
nuotarono nell'aria, mentre popolazioni intere si ritrovarono
scaraventate sott'acqua. Cosa ancor più terribile, il manto stesso
del pianeta si stava rovesciando su se stesso, cosicché promontori
di lava si ergevano la dove la crosta si arricciava e guizzanti
filamenti di lapilli, non più trattenuti dalle rocce, trapuntarono
il cielo, bruciandone la fauna e tutti gli esseri che per qualche
effetto della detonazione sonica si erano ritrovati nelle regioni
aeree.
Il
quarto potere di Kallistèa giunse quando il pianeta era prossimo a
disintegrarsi. Era una scheggia nera, stavolta maculata da guizzi
verde scuro che palpitavano sulla superficie. Contro di essa la
detonazione sonica si deformava, sorpassandola senza spostarla. Il
Disordine non volle perder tempo: tutte le cime spezzate delle
montagne eruttarono contemporaneamente una valanga di onde sonore
ancora più basse della prima, che come vele sull'acqua fendettero
l'aria, aprendola in più punti, e puntarono sulla scheggia. Questa,
però, non attese l'attacco e si conficcò sotto una porzione di
suolo non ancora scoperchiata: qui, in una grotta naturale appena
appena immune, ma ancora per poco, dalle lame sonore, giacque al
suolo e innervò di energia le stalagmiti attorno a sé. Esse
cominciarono a crescere e a prendere sembianze di tronchi d'albero,
la cui natura petrosa, man mano che si estendevano in altezza,
diventava sempre più vegetale, mentre i rami e le foglie tremolavano
di una luce verde e vaporosa.
Alberi
giganteschi, insomma, sbucarono dal suolo in ogni punto del pianeta,
afferrando con le foglie lucenti le molecole di suono inviate dal
Disordine e sottoponendole ad una fotosintesi armonica, sì che la
cacofonia intercettata si trasformava in musica. I pezzi di pianeta
divelti dal suono malvagio vennero ora investiti da un'energia
costruttiva che li ricollocava al loro posto originario oppure in una
nuova configurazione con altri elementi, configurazione che però
soggiaceva alle sacre leggi della Forma cosmica; gli uragani
distonici cozzarono contro le fronde chilometriche e svanirono,
lasciando piccole tracce nell'incresparsi delle onde dei mari.
Il
Disordine decise allora di attaccare il potere di Kallistèa là dove
si era acquattato: le staffilate di suono vollero penetrare appuntite
nel cuore stesso della grotta sotterranea che la scheggia aveva
eletto a sua sede, ma ormai le radici stalagmitiche di tutto il
pianeta erano impregnate del potere ipercosmico, e nessun suono che
non fosse armonico poteva scendere sottoterra. Al contrario, le
fronde degli alberi kallistaici presero ad ondeggiare al vento degli
strati più alti dell'atmosfera e la loro luce creò una sorta di
rete tra cima e cima, fino a coprire tutto il pianeta. Fu un attimo:
la rete si strinse attorno alle onde del Disordine e le stritolò,
spezzandole con un suono simile al vetro in inutili frammenti, la cui
caduta creò giusto qualche livido sul terreno, ma nulla più. Il
pianeta, libero dalla cacofonia, respirò aria di suono rinnovata e
musica ipercosmica, mentre le comete sfioravano la ionosfera,
salutate dalle cime frondose radicate nella Grotta degli Alberi
Sonori, quarto potere di Kallistèa.
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