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mercoledì 10 luglio 2013

La leggenda di Kallistèa [3]


Il Disordine due volte sconfitto non si rassegnò alla potenza ipercosmica di Kallistèa, e alzò il livello della sfida: fu preso di mira un nuovo pianeta, coperto da grandi oceani intervallati da ampie isole, sulle quali abitavano esseri pacifici e devoti al culto dell'Armonia. Non ebbe quindi dubbi, il Disordine, su dove colpire: dalle profondità astrali dove esso signoreggiava, atomi di carbonio e scintille fotoniche furono impastati per creare lampi accecanti dotati di una corporeità intangibile eppure devastante. Ecco dunque che sulla superficie del pacifico pianeta degli Adoratori dell'Armonia piovvero terremoti di luce che bruciavano gli oceani e soprattutto devastavano senza appello le città e i villaggi degli abitanti delle isole. Incendi improvvisi sorgevano ovunque, le linee della cenere che essi lasciavano si allargavano a raggiera sul suolo per chilometri, continuando sotto la superficie marina come colpi d'artiglio. Case crollate e strade divelte dalla loro sede erano lo spettacolo offerto agli abitanti, perlomeno a quei pochi che erano riusciti a sopravvivere e che dovevano provvedere al mesto recupero dei tizzoni sbriciolati che una volta erano i loro familiari, compagni e amici, i quali avevano avuto la sventura di trovarsi lungo la traiettoria delle raggiere elettriche.
Mentre la tempesta continuava senza sosta, e persino il cielo appariva graffiato e sanguinante per la potenza dei colpi, comparve nell'atmosfera il terzo potere di Kallistèa, una scheggia nera screziata da linee irregolari e angolose di colore azzurro/blu, in perenne movimento sull'oscura pellicola. Al suo passaggio i lampi deviarono la loro traiettoria, disperdendosi orizzontalmente nell'atmosfera. Accortosi della nuova, nemica presenza, il Disordine fece aumentare la frequenza della pioggia distruttrice, che bombardò con violenza il pianeta, forando gli oceani e facendo loro ingurgitare le isole disintegrate dagli incendi: la scheggia nera prese allora a brillare e le sue venature blu si espansero ovunque nell'aria, chiamando a raccolta le molecole vaporose non ancora estinte dal calore immondo dei lampi del Disordine. Di fronte a quest'alterazione sospetta, il Disordine cessò gli attacchi sparsi e concentrò la propria furia contro Kallistèa. Tutti i lampi distruttivi vennero convogliati in direzione della scheggia, la quale però non era già più tale: sulle striature blu si era concentrato un oceano di cielo rappreso e nuvole rigide i quali, agitati dall'energia kallistaica, brillavano possenti di un blu scuro che scorreva lungo tutta la superficie dello scudo e raffreddava all'istante la massa dei lampi, riducendoli a filamenti di farina giallastra; non solo: lo scudo roteava su se stesso, avvolgendo nelle sue spirali tutta la negatività del Disordine, soffocandola. E non accadeva ciò solo nel punto in cui si trovava la scheggia: le sue ramificazioni blu coprivano ormai tutto il pianeta, e ad intervalli regolari avevano raccolto su di sé cielo e nuvole a sufficienza per creare altrettanti scudi vorticosi su cui si infrangevano vani i lampi del Disordine, ritornando in parte nel vuoto da cui venivano, parte piovendo sulla superficie del pianeta come luce purificata da Kallistèa e quindi in grado di vivificare le zone distrutte dagli incendi, oltreché di suturare per sempre i fori scavati negli oceani dalla tempesta di lampi. Il Disordine non poteva prevalere e rinunciò all'attacco: il pianeta restò quindi libero di rinascere e i suoi abitatori eressero ovunque templi al Vortice dei Cieli Nebulari, grandioso e vastissimo potere di Kallistèa.
Mentre cubi di galassia argentea venivano fagocitati da oceani di idrogeno infuocato, nutrendo in tal modo il Disordine, una nuova strategia venne messa a punto, stavolta non più basata sulla devastazione della luce, ma su quella del suono. Fu così che le profondità di un nuovo pianeta vennero ad un tratto scosse da una vibrazione a bassissima frequenza, così solida e ruggente da divellere alla radice le basi delle montagne: una volta che queste rovinarono sulle pianure, dalle loro cime spaccate fuoriuscì una miscellanea di suoni contorti come scheletri d'acciaio, vere e proprie onde d'urto di puro caos che sommovevano l'aspetto di tutto ciò che incontravano: globi di corallo sotterranea furono ritrovati dentro le foreste, i fiumi presero a scorrere in direzione del cielo, colonie di meduse nuotarono nell'aria, mentre popolazioni intere si ritrovarono scaraventate sott'acqua. Cosa ancor più terribile, il manto stesso del pianeta si stava rovesciando su se stesso, cosicché promontori di lava si ergevano la dove la crosta si arricciava e guizzanti filamenti di lapilli, non più trattenuti dalle rocce, trapuntarono il cielo, bruciandone la fauna e tutti gli esseri che per qualche effetto della detonazione sonica si erano ritrovati nelle regioni aeree.
Il quarto potere di Kallistèa giunse quando il pianeta era prossimo a disintegrarsi. Era una scheggia nera, stavolta maculata da guizzi verde scuro che palpitavano sulla superficie. Contro di essa la detonazione sonica si deformava, sorpassandola senza spostarla. Il Disordine non volle perder tempo: tutte le cime spezzate delle montagne eruttarono contemporaneamente una valanga di onde sonore ancora più basse della prima, che come vele sull'acqua fendettero l'aria, aprendola in più punti, e puntarono sulla scheggia. Questa, però, non attese l'attacco e si conficcò sotto una porzione di suolo non ancora scoperchiata: qui, in una grotta naturale appena appena immune, ma ancora per poco, dalle lame sonore, giacque al suolo e innervò di energia le stalagmiti attorno a sé. Esse cominciarono a crescere e a prendere sembianze di tronchi d'albero, la cui natura petrosa, man mano che si estendevano in altezza, diventava sempre più vegetale, mentre i rami e le foglie tremolavano di una luce verde e vaporosa.
Alberi giganteschi, insomma, sbucarono dal suolo in ogni punto del pianeta, afferrando con le foglie lucenti le molecole di suono inviate dal Disordine e sottoponendole ad una fotosintesi armonica, sì che la cacofonia intercettata si trasformava in musica. I pezzi di pianeta divelti dal suono malvagio vennero ora investiti da un'energia costruttiva che li ricollocava al loro posto originario oppure in una nuova configurazione con altri elementi, configurazione che però soggiaceva alle sacre leggi della Forma cosmica; gli uragani distonici cozzarono contro le fronde chilometriche e svanirono, lasciando piccole tracce nell'incresparsi delle onde dei mari.
Il Disordine decise allora di attaccare il potere di Kallistèa là dove si era acquattato: le staffilate di suono vollero penetrare appuntite nel cuore stesso della grotta sotterranea che la scheggia aveva eletto a sua sede, ma ormai le radici stalagmitiche di tutto il pianeta erano impregnate del potere ipercosmico, e nessun suono che non fosse armonico poteva scendere sottoterra. Al contrario, le fronde degli alberi kallistaici presero ad ondeggiare al vento degli strati più alti dell'atmosfera e la loro luce creò una sorta di rete tra cima e cima, fino a coprire tutto il pianeta. Fu un attimo: la rete si strinse attorno alle onde del Disordine e le stritolò, spezzandole con un suono simile al vetro in inutili frammenti, la cui caduta creò giusto qualche livido sul terreno, ma nulla più. Il pianeta, libero dalla cacofonia, respirò aria di suono rinnovata e musica ipercosmica, mentre le comete sfioravano la ionosfera, salutate dalle cime frondose radicate nella Grotta degli Alberi Sonori, quarto potere di Kallistèa.


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